
I Longobardi in Italia
La dominazione Longobarda in Italia, tra VI e VIII secolo, ha lasciato tracce importanti: non solo nel nome della nostra Regione, ma anche in monumenti sacri e tesori di oreficeria...a cura di Noemi Rezzonico
UN POPOLO, UNA REGIONE
Vi siete mai chiesti perché la nostra regione si chiama proprio "Lombardia"?
Tra il 568 e il 569 d.C. arrivò nella penisola italiana un popolo controverso: i Longobardi.
Controverso perché, sin da quando siamo bambini, ci viene insegnato che questo popolo barbaro è entrato nel nostro paese razziando e con moltissima violenza. Purtroppo sono cose che hanno fatto... ma come possono essere entrati dall’attuale Friuli, arrivando fino all’Italia centrale con poca, o quasi nulla, opposizione da parte dei presìdi bizantini?
L’ipotesi degli studiosi è che i Longobardi siano stati chiamati proprio dall’Imperatore bizantino per farsi aiutare a combattere le resistenze gotiche che saccheggiavano il suo Impero.
Se questa teoria fosse corretta, si capirebbe perché molte parti d’Italia non siano state toccate dalla guerra.
Ad esempio Roma e i territori direttamente controllati dal Papa, Napoli, gran parte della Calabria e molti altri.
Tutto ciò portò ad una conseguenza: i Longobardi non riuscirono mai a garantire un’Italia unita.
Una volta arrivati in Italia, pur essendo un popolo prevalentemente nomade, fu semplice per loro dar vita al regno indipendente che comprendeva la Langobardia Maior e la Langobardia Minor.
È nella prima menzionata che troviamo l’Italia settentrionale, comprendente la nostra regione, il cui nome deriva proprio dai Longobardi.
L'ULTIMO RE
L'ultimo sovrano di questo popolo, che tenne le sorti d'Italia per ben 205 anni, fu re Desiderio il quale, insieme al figlio Adelchi, cercò di fermare l’esercito di Carlo Magno (re dei Franchi) a Susa, ma fu sconfitto e si ritirò quindi a Pavia.
Dopo un lungo assedio, si arrese e venne mandato da Carlo Magno in esilio in Francia, dove morì in un monastero nel 774.
Ricordiamo però il sovrano Desiderio soprattutto perché, insieme alla moglie Ansa, volle erigere il monastero femminile di ordine benedettino oggi sede del Museo di Santa Giulia, a Brescia.
IL MUSEO DI SANTA GIULIA A BRESCIA
Il monastero, dedicato a San Salvatore, ospitava nella cripta della chiesa le reliquie di Santa Giulia e divenne particolarmente ricco e influente in città, anche dopo la caduta del regno longobardo.
A partire dal XII secolo la struttura fu interessata da un importante rifacimento architettonico, e raggiunse la sua forma definitiva (per lo più simile a quella attuale) alla fine del XV secolo, quando furono eretti il coro delle monache, i chiostri e l'edificio del dormitorio.
Nel secolo successivo fu ultimata anche la chiesa di Santa Giulia.
Purtroppo il convento non sopravvisse alle soppressioni di fine '700 e andò incontro a un periodo di degrado e abbandono, almeno fino a quando, nel 1966, il Comune di Brescia non acquistò gli spazi per creare il nuovo Museo di Santa Giulia.
UN TESORO D'ARTE
Il ricchissimo percorso museale propone innanzitutto ai visitatori reperti archeologici di grande valore, in particolare i resti delle "Domus dell'Ortaglia", quindi prosegue con oggetti appartenenti a differenti epoche, fino all'Ottocento. Tra i simboli dell'istituzione e della città stessa è la preziosa scultura in bronzo detta "Vittoria Alata".
Si tratta dell'unico reperto bronzeo rinvenuto pressoché integro nel Nord Italia, realizzato dall'assemblaggio di diversi pezzi che vanno a comporre l'immagine di una donna alata, vestita di una tunica, con le braccia alzate a sostenere - probabilmente - uno scudo o un emblema, oggi perduto.
La scultura era forse stata realizzata per essere esposta presso un tempio o un palazzo pubblico nel vicino Capitolium.
Una curiosità: una copia dell'opera è presente al Louvre... quando Napoleone III visitò Brescia, fu talmente impressionato da questa statua che ne volle far realizzare una copia identica da esporre in Francia!
